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[28-07-2017] Nel 2016 sono risultate in crescita rispetto all’anno precedente le dimissioni dal lavoro nel periodo di tutela per maternitĂ o paternitĂ . Lo dicono i dati diffusi in questi giorni dagli Ispettorati del lavoro, che hanno il compito di vigilanza su dimissioni o risoluzioni consensuali, stabilito dall’articolo 55 del testo unico sulla materia. La norma infatti dispone, insieme al divieto di licenziamento nel primo anno di vita del bambino, che entro il compimento del terzo anno, le dimissioni o le risoluzioni consensuali siano convalidate dall’organismo di vigilanza territoriale. Â
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I dati confermano come una nascita in famiglia pesi come un macigno sul percorso lavorativo. Soprattutto delle donne: sono loro nell’82 per cento dei casi a prendere la decisione di lasciare. Nel Veneto si tratta di 3.658 lavoratrici madri su 5.008 dimissioni o risoluzioni consensuali; se ne ricava che sono 1.350 padri a lasciare in questo periodo. Fa un po’ meglio il livello nazionale, dove le madri rappresentano il 79% delle dimissioni in periodo di maternità .
Tra le province del Veneto in testa a questo non confortante elenco vi sono Treviso, Verona e Vicenza, tra i 20 e i 22 punti percentuali, mentre Venezia si stacca al 14%, poco distante da Padova al 16. In numeri assoluti l’area metropolitana veneziana vede 713 dimissioni (di cui 67 per risoluzione consensuale).
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I dati dell’ispettorato analizzano le caratteristiche di questo universo di popolazione, dal punto di vista delle fasce d’età , delle nazionalità , del numero di figli, dell’anzianità di servizio, della qualifica professionale, dell’ampiezza aziendale, il settore produttivo, la motivazione del recesso.
Sul numero dei figli si osserva che la maggior parte delle dimissioni avviene nei casi di gravidanza e primo figlio e naturalmente a carico della donna che, con il secondo arrivo non si dimette più perché lo ha già fatto. Il “grosso” delle dimissioni, anche in considerazione di scelte di maternità sempre più tardive, si fa importante tra i 26 e i 45 anni. Prima e dopo questi limiti il crollo è altrettando considerevole.
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Anche le motivazioni distinguono nettamente il comportamento delle madri rispetto ai padri dimessi. A livello regionale le prime lamentano soprattutto carenza di servizi per l’infanzia (assenza del nido o di una rete di sostegno accessibile o alti costi per garantirla) e difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (distanza casa e azienda, impossibilità di cambiare turni di lavoro o di avere maggiore flessibilità oraria). Questi due fattori costituiscono oltre il 47% delle motivazioni a lasciare. Nel veneziano questi due fattori superano il 50%.
Su versante diverso le dimissioni da parte dei padri, che si concentrano sui mutamenti aziendali (trasferimenti, cessazioni, assorbimenti) al 15% dei casi per scomparire sul resto. Nel veneziano solo questa appare una ragione di dimissioni: i problemi di conciliazione riguardano lo 0,3% dei padri.
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Altro fattore demografico riguarda la nazionalitĂ , ad amplissima maggioranza italiana – il 76% a livello regionale, l’89 nel veneziano – e con una presenza superiore di lavoratori o lavoratrici extra Ue – circa  il 10% -  rispetto  alle cittadinanze europee, presenti solo al 3% nel veneziano, contro il 14% regionale. Â
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Uno sguardo infine sulla dimensione aziendale, che distingue nettamente la piccola impresa, fino a 15 dipendenti, come origine del malessere genitoriale che porta alle dimissioni: in area metropolitana veneziana sono il 92%, quelle tra i 16 e i 50 dipendenti arrivano al 2% e superano di poco l’1% le dimensioni aziendali oltre 200 dipendenti.
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Disponibile sul sito del Ministero del Lavoro la relazione annuale relativa al territorio nazionale. In allegato l’infografica elaborata sui dati della Direzione territoriale di Venezia per il Veneto e le sue province.
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E per un confronto con il 2015 vedi qui.
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