[27-11-2018] L'istituto nazionale di statistica diffonde in questi giorni i dati della prima indagine sui centri antiviolenza, analizzando servizi, caratteristiche degli utenti e operatrici impegnate. I dati sono raccolti in 34 tavole statistiche: dati nudi e crudi per un primo osservatorio sulle strutture che rispondono ai requisiti previsti nell'intesa della Conferenza Unificata Stato e Regioni del novembre 2014 e in coerenza con quanto fissato dalla Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall'Italia nel 2013 e volta a fissare parametri globali di prevenzione, protezione e perseguimento degli autori di violenza.
L'indagine riporta i dati di 253 strutture che hanno completato il questionario somministrato, corrispondenti al 90% dell'universo individuato di 281 centri.
I dati riferiscono di 49.152 donne - oltre ai loro figli minori quando presenti - che hanno fatto ricorso ai servizi di queste strutture nel corso del 2017.
Interessante notare i tassi di copertura misurati ogni 100mila donne dai 14 anni in su, che vedono in testa il centro Italia (1,3 donne ogni centomila), seguito da nord est, nord ovest, sud e isole. Ma è il sud a contare il maggior numero di centri (85), con la Campania in testa (39). Nel nord del paese la Lombardia ha il maggior numero di strutture (33), il Veneto ne conta complessivamente 21.
Per le tipologie di servizio, oltre il 95% aderisce al 1522, il numero antiviolenza istituito dal Dipartimento per le pari opportunità per la segnalazione di episodi di violenza, e quasi il 70% offre una reperibilità sulle 24 ore. Cala al 24,5% chi offre anche un numero verde specifico.
Scarse, se non nulle, le richieste di mediazione familiare (una delle caratteristiche che rendono rovente il dibattito tra strutture antiviolenza e il disegno di legge Pillon che lo prevede in via obbligatoria), concentrate fra l'altro nelle isole, più povere di centri.
Alta l'applicazione di analisi del rischio di recidiva della violenza, che consente di conoscere in che misura un maltrattante può reiterare l'aggressione, una metodologia adottata da oltre l'82% dei centri (208 sulle 253 che hanno risposto al questionario), segnale della qualità del lavoro condotto dalle operatrici dei centri.
I dati riportano anche il numero di sportelli di supporto alle strutture, che consentono una maggiore capillarità sul territorio di punti di ascolto e primo sostegno: li hanno attivati il 45% delle strutture, per un totale di 113 sportelli, con Toscana in testa (17 sportelli), seguita da Lombardia e Puglia (14), Emilia Romagna e Campania (12). Seguono Piemonte (9) e Veneto (8) e a calare.
Per quanto riguarda l'utenza, di circa cinquantamila donne, le straniere coprono il 16% del totale (7.891 su 49.152). Per tutte, dopo il primo accesso, quasi il 60% segue un percorso individuale di uscita dalla violenza. La Sardegna è la regione con il maggior numero di accessi calcolati in numero medio per ogni struttura (circa 950), segue il Lazio con 738 e, a debita distanza, le altre. Nel Veneto accedono in media 205 donne per struttura. Di queste il 74% ha figli, metà dei quali minorenni. Sono comunque poche le donne che rinunciano a proseguire un percorso, solo il 7,4%.
Per le altre si mette in moto la rete dei servizi sul territorio, principalmente i servizi territoriali (21,2%) sociali e socio-sanitari. Per le case rifugio o altre strutture di accoglienza i numeri si fanno più esigui, tra lo 0,5 e il 2,5%. Difficoltà nell'accoglienza vengono denunciate dal 27,3% delle strutture (69 su 253). Le maggiori sofferenze vengono denunciate in Campania, seguita da LombardIa, Toscana e Veneto, dove sono il 50% delle strutture a segnalare scarsità di offerta. Il lavoro in rete è una caratteristica fondamentale poi, delle modalità di gestione di queste strutture: l'85,8% fa parte di una rete territoriale regionale per l'antiviolenza, una modalità che impegna tutti i centri del Veneto, in buona compagnia con altre undici regioni. Assenti i collegamenti di rete in Basilicata, per evidenti motivi, dato che da questa regione provengono dati riferiti ad un unico centro di livello regionale.
Un ultimo sguardo sulle operatrici dei centri, 4.403 professioniste impegnate nei servizi di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, tra personale assunto e impegnato in forma volontaria. Forte presenza di volontariato nel nord-ovest (67,5%), seguito dal centro Italia (64,4%). Il nord-est è al 52,8%, con il Veneto al 36,2%. L'85% dei centri offre una formazione specifica per il personale e non solo di percorsi obbligatoriamente previsti.
L'indagine rientra in un accordo di collaborazione tra Istat e Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri.
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Risorse collegate
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