Appalti pubblici e incentivi pari opportunità, un problema per le consigliere di parità

Ministero del lavoro (foto tratta da eventipa.formez.it)

[28-08-2023] Accade spesso che ottime leggi inciampino nella loro applicazione. Così pare succeda anche nel caso della cosiddetta messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare per quelle norme che favoriscono inclusione lavorativa, incentivazione del lavoro femminile, politiche di welfare e conciliazione vita e lavoro e così via. Materie su cui le consigliere di parità, chiamate a fare la loro parte, si sono sentite in dovere di dire la loro.  

 

Arriva infatti puntuale, all'indomani della pubblicazione del nuovo codice degli appalti pubblici, la segnalazione che questo ricalchi le criticità che le stesse consigliere avevano preventivamente sollevato all'ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che riguardano alcune misure premiali con cui viene attribuito un punteggio più favorevole alle aziende che concorrono agli appalti pubblici, finanziati, appunto, dalle risorse Pnrr. 

 

Le consigliere si richiamano, innanzitutto, alla misura premiale che le stazioni appaltanti possono utilizzare nella costruzione dei disciplinari di gara e che prevede "l'assenza di verbali di conciliazione extragiudiziale per discriminazione di genere, da verificare con l'Ufficio della consigliera di parità". Questi verbali, redatti con i datori di lavoro dalle consigliere di parità in base alle segnalazioni che pervengono in ufficio, confermerebbero la presenza di discriminazioni all'interno del luogo di lavoro: "Abbiamo sottolineato all'ufficio legislativo del Ministero del lavoro - dicono le consigliere nazionali, effettiva e supplente - l'opportunità di circoscrivere questa verifica, come dice il Codice, alla Consigliera nazionale o regionale sul cui territorio si trova l'operatore economico, anche tenuto conto  del fatto che non sempre province e città metropolitane di pertinenza offrono adeguate risorse economiche, di personale e strumentali agli uffici di queste consigliere". 

 

Benché infatti il Codice delle pari opportunità, il decreto legislativo 198/2006, all'articolo 37, si riferisca espressamente alle consigliere regionali o nazionale, ai tavoli delle consigliere di parità provinciali o metropolitane stanno fioccando dalle stazioni appaltanti varie richieste di verificare l'esistenza dei verbali in questione, creando non poca confusione tra soggetti e uffici competenti. 

 

L'altra questione riguarda la "relazione di genere" sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende, per le imprese di piccola dimensione (sotto i 50 dipendenti) che non sono obbligate a presentare il prescritto Rapporto biennale previsto dall'articolo 46 del Codice (dai 50 dipendenti in poi). Che differenza ci sarebbe tra i due documenti? E se la legge prevede un obbligo in capo all'una, ma consideri il carattere volontario per l'altra, perché esigere questo documento da entrambe, come requisito "a valle della stipulazione del contratto"? A parere delle consigliere nazionali non si sarebbero dovute coinvolgere le piccole e micro imprese che verrebbero messe sullo stesso piano di quelle più grandi, considerandolo "un orientamento contrario a quel principio di proporzionalità, di rango comunitario, che vuole che gli oneri imposti agli operatori economici siano commisurati alle loro dimensioni, così da non ostacolare la partecipazione alle gare delle piccole imprese".

 

Questi dunque i rilievi mossi dalle Consigliere nazionali di parità: per trovare una via d'uscita se ne riparlerà alla prossima conferenza nazionale nella sede storica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in via Fornovo a Roma (foto). 

 

 

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