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[24-11-2021] Istituita nel 1999 dall'Onu, compie 22 anni la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, una delle ricorrenze più seguite e diffuse al mondo e che ricopre il ruolo speciale, come racconta Wikipedia, di dare inizio a 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani del 10 dicembre.
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Se 22 anni non sono pochi, almeno dal punto di vista umano, certo sono meno quelli in cui il fenomeno è stato meglio riconosciuto, misurato in quanto tale e fronteggiato. Risale solo al 2014 per esempio, per quanto riguarda l'Italia, la prima indagine Istat sulla violenza di genere, aggiornata nel 2016 e di seguito divenuta sempre più puntuale. L'ente statistico nazionale ha diffuso qui gli ultimi dati disponibili, da cui si ricava che il fenomeno, dalle attività di polizia criminale, riporta a 111 i femminicidi compiuti nel 2019.Â
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Qui sotto il podcast di Radio Radicale in collaborazione con Openpolis che descrive diversi aspetti del fenomeno elaborando i dati Istat 2019:Â
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L'aggiornamento al 2020, l'Istat lo porterà  a conoscenza oggi pomeriggio (24 novembre) nel corso di un incontro online con l'Università di Padova per raccontare "Gli effetti della pandemia sulla violenza di genere", registrato e disponibile sul canale YouTube dell'ateneo:Â
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Ma quello che emerge dall'osservazione dagli anni 90 ad oggi è che, se gli omicidi di uomini hanno subito nel tempo una forte decelerazione, i femminicidi segnano un andamento più stabile con una decelerazione molto più lenta.Â
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Per fronteggiare e sconfiggere il fenomeno si risale al 2011, con la Convenzione di Istanbul, primo strumento giuridico vincolante per i paesi del Consiglio d'Europa per prevenire la violenza di genere, proteggere le vittime e i loro figli minori, perseguire gli autori, ratificata dall'Italia nel 2013. Oggi il Belpaese rientra fra i 34 stati che lo hanno fatto, al netto della Turchia, che il 1° luglio di quest'anno ha deciso di sottrarsene e rinunciare ad aderirvi, sfrontatamente, nel decennale della sua firma, avvenuta, prima fra tutti i membri del Consiglio d'Europa, l'11 maggio 2011.
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Sulla persistenza del fenomeno incide anche la sua definizione: "ciò che non viene nominato, non esiste" è un comune e diffuso detto. Appare infatti recentemente anche il significato preciso di femminicidio, che risale al 2004, quando l'attivista messicana Marcela Lagarde lo descrisse come "la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine - maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale - che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia". In questa definizione riaffiora la più storica assimilazione della violenza sulle donne al contesto della violazione dei diritti umani, ma vi si aggiunge un chiaro segnale di colpevolezza del contesto sociale e istituzionale, che ne crea e ne consente le condizioni e una disamina ampia delle sue espressioni, che vanno ben oltre le ricadute fisiche, psicologiche o sessuali. Per questo la ratifica alla Convenzione di Istanbul costituisce un passo fondamentale per le istituzioni nella lotta alla violenza sulle donne, anche nel darsi il compito di sensibilizzare la cittadinanza a prendere coscienza dell'insidiosità di questo fenomeno e della urgenza ad uscirne.
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Oggi il fronte della lotta alla violenza di genere è molto più attrezzato non solo di 22 anni fa: la ratifica italiana alla Convenzione di Istanbul ha dato un grande impulso alle azioni, inquadrate nel piano nazionale e finanziate sul territorio a livello regionale, con la creazione di reti multidisciplinari di attori: Centri antiviolenza, Ulss, forze dell'ordine, enti locali, magistratura, istituzioni scolastiche ecc., per un'azione a 360 gradi per la comprensione e la compressione del fenomeno. La prima rete territoriale veneta, capofilata dall'Ulss 3 veneziana, si diede un protocollo di strategie condivise già nel 2014, rinnovata il 24 novembre 2020, un anno esatto da oggi. Ma sta sorgendo analoga rete territoriale nell'Ulss 4 solo per parlare di quelle di area metropolitana. Iniziative queste, che hanno determinato un quadro sempre più preciso del lavoro sulle vittime, focalizzato sui Centri antiviolenza che solo da un paio d'anni, riferendoci a questo territorio, stanno lavorando anche sul fronte degli autori di violenza, costituendo i primi centri per uomini maltrattanti (vedi alla pagina delle strutture antiviolenza in questo sito).Â
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Scendendo all'area geografica più prossima, da qualche anno sono sempre più numerosi gli enti locali che si sono dati da fare nel segnalare la loro adesione alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Sono molti anche in area metropolitana veneziana e, per esempio, proprio per il 25 novembre, ecco una selezione fra quelle che ci sono state segnalate.Â
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#25 NOVEMBRE METROPOLITANOÂ
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Per tutte le altre iniziative, passate e prossime, leggi qui. Â
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Ultimo aggiornamento: 25/11/2021
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Foto:Â panchina rossa (@wirestock per freepik.com)
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