Il futuro del lavoro è in una società più sostenibile e attenta al prossimo

un momento del convegno

[05-10-2020] Un mondo del lavoro che cambia rapidamente, che vede altrettanto rapidamente scomparire alcuni mestieri per nuove occupazioni, che risente ancora fortemente della disparità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici, che non può sottrarsi agli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale. Queste le parole d'ordine uscite dal convegno Il Futuro Del Lavoro, Il Lavoro Del Futuro, svoltosi a Chioggia venerdì 2 ottobre, che ha visto dialogare il fronte cattolico e quello istituzionale delle politiche regionali per il lavoro, moderato dalla consigliera di parità metropolitana, Silvia Cavallarin. 

 

Un tema avvertito come cruciale da entrambi i fronti, rappresentati sul versante regionale da Tiziano Barone, direttore dell'agenzia Veneto Lavoro e da Santo Romano, direttore dell'area Capitale umano e cultura, a confronto con il vescovo di Treviso, monsignor Michele Tomasi. 

Tema cruciale anzitutto perché riguarda la domanda di signicato che chi lavora pone, in modo più o meno consapevole, al proprio lavoro ed è la domanda su cui forse può farsi più evidente il contatto tra lo spirituale e il tempo in cui viviamo, tra la fede e la norma. 

 

Il lavoro è direttamente collegato alle crisi macroeconomiche: quella del 2001 con la catastrofe delle Torri Gemelle, del 2008 con la crisi del mercato immobiliare, del 2011 con la crisi dei debiti sovrani e ora il 2020 della pandemia, che porta il bilancio in negativo sull'occupazione e fa contare al Veneto 53 mila posti in meno. Quale futuro per le famiglie in questo contesto? Che è quello di una crisi che presenta anche aspetti paradossali, che fotografano una società caratterizzata da un numero di non occupati superiore a quello di chi lavora e che purtuttavia vede consumi da società opulenta (dagli apericena, alle vetture di lusso, alle vacanze più volte l'anno, al dilagare di accessi alle palestre, di acquisti di dispositivi elettronici, ecc.) e nello stesso tempo vede il crollo del Pil  rispetto alla seconda metà del secolo scorso. Una società di contrasti e inquietudini, carica di incertezze per il futuro e di disperazioni.

 

Crisi che impattano soprattutto su giovani e donne, che connotano la nostra società per la precarietà e l'insostenibilità sociale a carico di queste e altre categorie sociali, vedi anche l'espulsione sistematica di over 50, come la polarizzazione tra qualifiche basse e sfruttate e quelle alte, su cui le politiche sovranazionali profilano, tra utopia e realtà, interventi di risposta: dagli strumenti per la conciliazione vita e lavoro, all'avvento dell'economia green e digitale, per un cambio di passo e di approccio. Come sarà il lavoro del futuro? Diverso, con oltre il 15% dei lavori di oggi scomparsi nel giro di una generazione, ma diverso anche nel rapporto con il datore di lavoro (o il detentore dei capitali e dei mezzi di produzione) e con il senso della propria professione.


Certo, dice monsignor Tomasi, tutto questo non c'era prima dell'avvento industriale del primo Ottocento: non c'era un mercato del lavoro, non c'erano i tassi di occupazione e disoccupazione, né la società divisa in consumatori e lavoratori, entrambi tuttavia accomunati da insoddisfazione e conflitto e dalla rincorsa verso obiettivi arrivabili mai. Il bisogno e il senso di significato erano e sono altro, nella fede come nel lavoro. Il senso è nella dimensione collettiva o prossima, nel dono di una parte del proprio tempo e della propria attività a chi ne ha bisogno, al benessere della comunità, mentre la dimensione accentuata da questa modernità è quella di lavorare per il proprio specifico interesse, in una forma sterile di produttività e di professionismo.

 

Se la risposta del prelato risiede nel "lavorare per", cioè nel lavoro come partecipazione e  sostegno della collettività, in grado di plasmare il senso della propria esistenza oltre lo sfruttamento o l'asservimento, per il laico e per le politiche del lavoro, diventa in definitiva un "lavorare come": come soggetto pensante, con forte senso critico e forte dispiegamento di capacità creative, caratteri forieri di un approccio collaborativo e non gerarchico. Una distanza forse incolmabile fra i due fronti, ma certamente dialogante e osmotica. 

 

L'incontro, terminato alle 18, ha avuto pubblico attento e numeroso, nel rispetto delle distanze determinate dalle misure anti-Covid, nella splendida cornice della Pinacoteca della SS. Trinità di Chioggia. 

L'iniziativa è stata promossa dalla Unione giuristi cattolici italiani della sede di Chioggia intitolata al beato Antonio Rosmini, neonata struttura presieduta da Federico Griguolo, che ha aperto i lavori. Patrocinata dalla Diocesi di Chioggia, dall'Ordine di Malta per il Gran priorato Lombardia e Veneto e dalla Facoltà di diritto canonico San Pio X, con il sostegno della Banca Patavina.

 

 

Foto: un momento del convegno, con il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi e la consigliera di parità Silvia Cavallarin

 

 

 

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