La difficile impresa di lavorare e fare figli: la relazione dell'ispettorato del lavoro

trottola in equilibrio (Photo by Christophe Hautier on Unsplash)

[03-01-2019] La buona notizia (si fa per dire), è che aumenta la condivisione tra lavoratrici madri e lavoratori padri nella dolorosa scelta di dimettersi dal lavoro per conciliare i tempi di cura dei figli. La cattiva è che gli ultimi dati al riguardo parlano di un aumento delle dimissioni o delle risoluzioni consensuali nel periodo di tutela della maternità e paternità stabilito dalla legge (dall'accertamento della gravidanza fino al compimento del terzo anno di vita del bebè) rispetto agli anni precedenti. 

 

È quanto emerge dall'ultima relazione annuale dell'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), pubblicata nel proprio sito internet su dati 2017 e diffusa a Consiglieri e Consigliere di parità a metà dicembre. 
L'indagine, di norma diffusa in estate, ha scontato alcuni mesi di ritardo a causa dell'introduzione di un nuovo applicativo informatico per l'inserimento e l'elaborazione dati provenienti dagli uffici territoriali dell'Ispettorato del lavoro. Non é ancora disponibile la disaggregazione per micro-ambiti territoriali (regionale, provinciale  o metropolitano), ma il quadro nazionale e per macro-aree di centro, nord e sud Italia, è comunque possibile. I dati si basano sulle attività di convalida, previste dall'articolo 55 della legge di tutela della maternità e paternità (decreto legislativo n. 151/2001) per ciascuna richiesta di dimissione o risoluzione consensuale.

 

E dunque, con 39.378 convalide il 2017 presenta un aumento del 5% rispetto al 2016, quando erano duemila in meno. Preponderanti le dimissioni (97,5%), mentre le risoluzioni consensuali sono appena il 2% (781) contro il 3% dell'anno prima. 
Sulla distribuzione di genere, il 77% delle convalide sono a carico delle lavoratrici madri, che calano del 2% rispetto al 2016. Aumentano invece considerevolmente, del 15%, i lavoratori padri, passando a 9.066 (2017) da 7.859 (2016). Aumenta insomma l'abbandono del posto di lavoro "causa figli" ancora troppo incombente sulle madri, seppur con qualche prospettiva di alleggerimento del carico, un annuncio di una nuova cultura della genitorialità che inizia a farsi strada. Solo 28 infine le mancate convalide delle dimissioni. 


 
Che si tratti di mancata conciliazione tra tempi di vita e di lavoro lo dice l'analisi delle motivazioni: il 36,1% parla di carenza di una rete di supporto (parentale o di servizi territoriali) e un ulteriore 17,5% rileva problemi legati all'organizzazione aziendale: insieme superano il 53% delle scelte. Fa specie che il ricorso ai nonni abbia ancora un indiscusso primato nelle esigenze manifestate, mentre sembra defilata l'elevata incidenza dei costi per i servizi sul territorio (il 7%, pur se in crescita di 3 punti rispetto al 2016). Queste madri e questi padri sembrano suggerirci che o non si fidano del welfare, pubblico o privato che sia, oppure non lo trovano.
C'è tuttavia un significativo 30% di convalide legato al "passaggio ad altra azienda". Secondo l'INL, una motivazione "non strettamente connessa a difficoltà di conciliazione". In questo caso si osserva un certo bilanciamento di genere, mentre nelle motivazioni appena viste la prevalenza femminile è ben marcata. 

 

L'analisi macroterritoriale evidenzia che a maggiore occupazione corrispondono inevitabilmente maggiori richieste di dimissioni in maternità/paternità. Così ne fanno prevalentemente ricorso le regioni del nord con particolare riferimento a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, insieme il 75% del settentrione, che comprende Trentino A.Adige, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria. Il dato appare inversamente proporzionale al tasso di occupazione (per il quale abbiamo fatto riferimento ai dati Istat): più questo è alto (vedi l'Emilia Romagna con il 68,6%) minori sono le dimissioni/risoluzioni dal rapporto di lavoro. 

 

L'indagine analizza inoltre la distribuzione per fasce di età, per anzianità di servizio, per nazionalità (italiana, comunitaria, extraeuropea), per numero di figli, per settore produttivo (in testa alle dimissioni quello del commercio, che assorbe il 75% del totale). 

L'INL segnala che, per ragioni di ordine tecnico, legate alla citata nuova introduzione del sistema di rilevazione dati, 2 casi non sono disponibili per ogni parametro osservato.  

Per saperne di più e scaricare l'indagine visita il sito  

 

 

Risorse collegate

Dati e infografiche su dimisssioni in maternità anni: 2016 e 2015

 

 

 

Foto: by Christophe Hautier on Unsplash

 

 

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